Non vuoi mangiare come il classico turista sprovveduto?
Ecco qualche dritta!
Carne, Cipolle, Cavolo: le tre magiche C con cui fuori dai confini del fu Regno di Polonia viene sintetizzata la cucina di questo vastissimo paese, che proprio in quanto vasto ha invece una cultura, anche culinaria, estremamente sfaccettata. Certo, in generale la digeribilità non è il primo degli attributi della cucina polacca. Ma nella sua pesantezza e al di là delle etichette che le sono state appiccicate addosso dagli stranieri ha comunque i suoi pregi. Vorrei dunque chiarire in questo articolo alcuni cliché che la riguardano e fornire, a chi si appresta a un viaggio in terra polacca, qualche dritta gastronomica anti-turistica.
No al burro: Germidi Soia (aka Maurizio Crozza) approva
Tanto per cominciare, nella cucina di tutti i giorni il burro non è così diffuso come si creda. Provate a entrare da un fornaio (piekarnia) qualsiasi e ne avrete la conferma. In confronto ai dolci tipici della tradizione italiana, dove non solo impera il burro ma anche il ben più devastante per le arterie strutto, la tipica pasta polacca da colazione contiene relativamente pochi grassi; spesso è preparata con un impasto simile a quello del pane, ma se questo ve la fa sembrare meno golosa sappiate però che ciò è controbilanciato da “condimenti” più che fantasiosi. In appena cinque giorni potrete sperimentare di tutto, dalla koperta ripiena di mele alla brioche aperta con crema di mandorle, passando per lo strudel al papavero e le babeczki (piccole frolle) in una moltitudine di varianti diverse.
Non c’è vita senza latte?
I dolci di pasticceria rappresentano, ovviamente, un capitolo a parte. Mostruosamente buoni e altrettanto grassi, sono l’esemplificazione di come il comfort food per eccellenza possa essere elevato a vera e propria filosofia di vita; tradotto: solo una barocca architettura di zuccheri può salvarti dall’inverno polacco.
L’intollerante al lattosio qui si trova in perenne difficoltà: il sernik (una specie di cheesecake) va per la maggiore, ma latte, panna e creme trionfano in generale nelle vetrine di ogni cukiernia, dissimulati sotto dosi peccaminose di cioccolato o solleticati da graziose composte di frutti di bosco. La panna (quella acida, la śmietana) si intrufola anche nei primi piatti: non si inganni dunque l’incauto viaggiatore che opti per una zuppa in luogo dei pierogi pensando di fare una scelta dietetica, perché anche nell’apparentemente innocua zuppa di pomodori si annida il demonio.
Magico sottobosco: dire Polonia per dire funghi
Non abbiamo citato finora le patate, altre protagoniste della cucina polacca. Io però, più che sui tuberi, vi consiglio di concentrarvi sui prodotti del sottobosco: se siete amanti dei funghi la Polonia è proprio il posto giusto per voi. Inutile dire che il clima, in molte zone, è davvero ideale per permettere il proliferare di numerose specie fungine. La qualità dei funghi polacchi è poi assicurata dalla metodologia di raccolta, in larga parte ancora manuale. Non a caso nel 2014 la Polonia è risultato essere il maggior esportatore di funghi d’Europa e del mondo.
Se cercate un modo “soft” di approcciarvi ai funghi perché non rientrano nei vostri gusti abituali, allora scegliete una zupa grzybowa (zuppa di funghi): la sua particolarità, rispetto alla classica zuppa di funghi italiana, risiede nel fatto che qui i funghi vengono frullati fino a formare una crema densa e molto gustosa, che elimina il problema della consistenza viscida del fungo, spiacevole per molti palati. Considerando che il costo di questo piatto nei ristoranti polacchi si aggira tipicamente sugli 8 złoty (circa 2 euro) direi che potete provare a dargli una chance. Altra cosa buonissima è la salsina di funghi e panna acida che spesso accompagna i tipici gnocchi polacchi (kopytka).
La solita minestra riscaldata?
Come la polenta non è sempre uguale, anche la zuppa non lo è. Mi rendo conto che si tratta di un’affermazione banale ma purtroppo l’italiano medio, in viaggio, non applica alla cucina dei paesi che non conosce le stesse regole ed eccezioni che applica ai piatti della propria tradizione gastronomica di provenienza. Questo significa che:
- è in grado di interpretare i piatti stranieri solo come un’imitazione, una versione inferiore della gastronomia del suo paese (se avessi un euro per ogni volta che ho sentito dire che la moussaka “è la stessa cosa della parmigiana” e che i pierogi “sono come i nostri ravioli, solo più grandi” adesso sarei ricca);
- quando scopre qualcosa di buono nelle cucine straniere si mostra patologicamente sorpreso di poter mangiar bene anche fuori dal territorio in cui ha legalmente diritto di voto.
Detto ciò, ripeto: la stessa zuppa non è uguale ovunque.
Potrei scrivere un’enciclopedia dello żurek, una delle principali zuppe polacche, a base di verdure ma arricchita con patate, salsiccia e uova a seconda dei luoghi. Ristoranti diversi, nella stessa via della stessa città, lo preparano diversamente, quindi vi consiglio di assaggiare e riassaggiare il medesimo piatto in posti diversi. E poi, magari, provare a cucinare da soli la versione che vi piace di più (io, a casa, preparo lo żurek con lo speck affumicato tirolese e le uova sode – cotte a parte, poi sbucciate e lasciate bollire a lungo nel minestrone per farlo insaporire a dovere).
“Street food” in polacco si dice “street food”
Non aspettatevi cene di otto ore come in Italia; i pasti si consumano velocemente e senza quelle bardature comprensive di tovaglie, tovaglioli, bicchieri e un set di tredici posate tipiche delle nostre tavole; per pranzo spesso ci si limita a mangiare qualcosa camminando per strada e i ristoranti sono più cosa da stranieri. Non è un caso, dunque, che i polacchi amino tanto lo street food.
Se andate a Cracovia, non solo nella piazza centrale troverete spesso bancarelle dove mangiare piatti tipici polacchi veloci (consigliato il formaggio oscypek, tipico di questa regione, avvolto nella pancetta calda e guarnito con una prugna secca), ma a Kazimierz, il quartiere ebraico, esiste una postazione fissa per i truck che vendono cibo di strada. Io, dopo una cenetta leggera a base di zuppa di funghi e merluzzo impanato, ho preso insieme alla mia amica Kasia un box pieno di patate cotte al forno con la paprika e servite insieme a una salsina di yogurt, scelta da una lista con una decina di opzioni.
Tecnicamente la pasta c’è
Un’ultima nota per gli amici pastafariani: se passerete così tanto tempo in Polonia da cominciare a sentire la pungente nostalgia di un piatto fumante di cannunciotti al pomidoro (mia nonna dixit), sappiate che è sempre meglio comprare la pasta e gli ingredienti per il condimento in un supermercato e poi prepararsela da soli in casa, piuttosto che mangiarla in un ristorante. Infatti, se sul versante “condimenti” si cade abbastanza sul sicuro, è invece molto difficile imbattersi in ristoranti polacchi dove sia penetrato il concetto di “cottura al dente”. D’altronde i polacchi sono gli unici al mondo che non la chiamano nemmeno pasta, ma makaron. La trovate a tradimento, rigorosamente scotta, anche dentro alla zupa pomidorowa. Io comunque vi consiglio di ripiegare sulla pasta autoctona: i già citati gnocchi oppure i pierogi, ravioli ripieni di cui esiste una varietà davvero straordinaria (i miei preferiti sono quelli alla carne e quelli con lenticchie e cipolle). Nessun rimpianto, garantisco.
Oltre la vodka
Mangiare, mangiare, mangiare… Okay, ma da bere? Un articolo molto interessante sulla birra artigianale polacca e sul “fermento” (perdonatemi il gioco di parole) brassicolo polacco degli ultimi anni lo potete leggere qua. E adesso non mi resta che augurarvi na zdrowie!
Laureata magistrale in Lingua e cultura italiane per stranieri all’università di Bologna, insegno lingue straniere nella scuola secondaria, ma ho lavorato per diversi anni nel settore del web marketing. Sogno una casa in collina e un cuoco giapponese privato. Amo i gatti, soprattutto quelli sfigatelli, e le Guzzi.