Voglio inaugurare la rubrica che ho deciso di nominare Auto(de)motive con il più grande aborto automobilistico di tutti i tempi: la Nissan Cube.
Di fronte a certe creature uno non può che farsi una serie di domande che invariabilmente lasceranno la sua anima, piena di sconforto e desolazione, a rotolare solitaria nel deserto, come l’emblematica palla di sterpi dei cartoni di Bugs Bunny (salsola, il nome tecnico).
Io me li immagino, i progettisti di alto grado della Nissan, ubriachi di sakè e distrutti da un torneo di Tetris di 18 ore, con 2 ore settimanali di sonno alle spalle, che cercano di trovare una soluzione per gestire al meglio l’imminente trasloco di uno di loro senza che questi debba ricorrere ai costosi servizi di una ditta specializzata. “Beh, è semplice”, dice Takeshi, “costruiamo un’auto perfettamente cubica, così Katzumi-san potrà stipare di scatoloni il bagagliaio senza lasciare nemmeno una fessura libera!”.
I convitati esultano al genio di Takeshi e, senza perdere tempo si fiondano fuori dal locale in ordinata fila indiana per dirigersi in ufficio a stendere il primo progetto di quella che verrà chiamata Nissan Cube. Sono le 4 del mattino ed è tutta colpa della proverbiale scrupolosità nipponica se i nostri non fanno nemmeno in tempo a farsi passare la sbronza che tutti gli incartamenti sono già stati firmati in triplice copia e i comunicati stampa sono stati inviati alle maggiori testate automobilistiche giapponesi. Le alte sfere si concedono dunque il meritato riposo e, nel periodo successivo, alle prese con l’apertura di trentadue nuove filiali in tre diversi continenti, si dimenticano di Nissan Cube, che la manovalanza intanto si è messa concretamente a realizzare, tra qualche perplessità.
Qualche mese dopo, la nuova vettura fa finalmente la sua prima apparizione:
Il cubo è riuscito loro solo in parte. A metà fra un carro funebre e una monovolume, fra una Fiat 600 e il baracchino ambulante del pollo allo spiedo di Paolino, ecco in tutto il suo splendore la Nissan Cube. Il progettista Katzumi, che nel frattempo ha avuto un figlio e non può più rimandare il trasloco, si dichiara subito entusiasta della nuova vettura, si affretta ad acquistarla e, forte degli insegnamenti che innumerevoli campionati di Tetris vinti gli hanno trasmesso, riesce a infilare tutta la propria vita nel bagagliaio della Cube e parte verso una nuova avventura.
Ma Takeshi, che non solo non ricorda di aver dato mai il suo appoggio a un progetto così aberrante, ma di averlo addirittura partorito lui stesso, si infiamma con tutti i suoi sottoposti e li obbliga, pena harakiri di gruppo, a pensare subito alla nuova generazione della vettura per salvare in corner la reputazione aziendale.
Due anni dopo, nel 2001, appare il sudato nuovo modello:
Evidentemente, con la Nissan Cube 2001 sono stati fatti passi da gigante: il parabrezza ricorda la fronte di Frankenstein, la mascherina della calandra è chiaramente ispirata alle patatine Grill della San Carlo, e nel complesso la vettura è un mix fra una moderna Jeep Renegade e un camioncino della nettezza (o, in versione bianca, la vettura di servizio di un ospedale psichiatrico).
Sono gioie per i produttori giapponesi, che si sbizzarriscono in una serie di versioni alternative della Cube: l’elettrica, la 7 posti, la tamarra con le minigonne, e poi una gran serie di restyling fino ad arrivare alla terza generazione di questo straordinario modello, che finalmente approda anche in Europa. Forse il primo caso in assoluto, nella storia dell’automotive, in cui la generazione degli anni ’90 di un modello risulta esteticamente più gradevole della sua versione moderna.
Siamo nel 2008 e nonostante il secolo sia appena iniziato la Cube ha già davanti un futuro da regina. Regina del catalogo delle auto più orripilanti del secolo. Ispirata alla Note (altro FORTUNATISSIMO modello di casa Nissan), la nuova generazione della Cube è destinata a lasciare il segno:
Cosa possiamo dire del lunotto posteriore uguale a una maschera da saldatore? O dei finestrini scorrevoli così retrò? O dei graziosi cerchioni a forma di cacciavite a stella? Un vero e proprio monumento all’asimmetria, all’ineleganza, al disagio. Di fronte al quale possiamo solo tremare in silenzio e promettere, a noi stessi e al mondo, che mai e poi mai prenderemo decisioni importanti per la nostra vita in preda ai fumi dell’alcol.
Da qualche parte, in una risaia in Cina, l’espatriato Takeshi piange sulla sua debolezza umana, troppo umana, e trama vendetta. Il mio cuore è con lui.
Laureata magistrale in Lingua e cultura italiane per stranieri all’università di Bologna, insegno lingue straniere nella scuola secondaria, ma ho lavorato per diversi anni nel settore del web marketing. Sogno una casa in collina e un cuoco giapponese privato. Amo i gatti, soprattutto quelli sfigatelli, e le Guzzi.